Tutto è creazione, tutto è cambiamento,
tutto è flusso, tutto è metamorfosi.
Henry Miller
L’opposto che si integra.
Alla fine della lettura rimango incantata da come Adelaide Cattaneo Wildberger e Lina Senserini hanno saputo accompagnare il lettore in un processo vivo che mette insieme il Vivere e il Morire attraverso il racconto di una favola per bambini e per adulti.
Vivere e Morire sono verbi che mi suscitano timore e rispetto, quasi fossero parole il cui significato non è descrivibile con altre parole, lasciandomi spesso in un silenzio profondo. Forse proprio a partire da questo spazio è stato possibile lasciarmi attraversare da “il viaggio di Tim”.
In questo racconto gli opposti trovano uno spazio di unione e incontro. Lo strumento prezioso attraverso cui accade questa magia, in un processo che fluisce con naturalezza nello scorrere delle pagine, è quello di guardare alle esperienze con la purezza, la fantasia e lo sguardo che i bambini hanno e di cui ci rammentano l’esistenza.
Il processo trasformativo dei vissuti fluisce con naturalezza, ma non con facilità: le autrici fanno emergere colori dai contrasti forti pur utilizzando acquerelli.
Tim elabora la perdita della sorellina grazie ad un processo che lo accompagna con delicatezza a vivere nella carne e nelle emozioni diverse fasi, avventure e conflitti, uscendone profondamente cambiato. Tim ritrova la sorellina in una dimensione diversa e, questa esperienza, lo trasforma restituendolo alla vita con una scoperta: il cuore non si separa mai.
Le autrici alternano con maestria, in una continua dinamica figura e sfondo, il percorso iniziatico di Tim, ma che non riguarda solo Tim: in parallelo, nel mondo fantastico, l’amico Burberino attraversa il suo, gli indiani e gli gnomi della foresta il loro; i familiari di Tim e l’amico Andrea il proprio, nella realtà degli uomini.
Un altro elemento fondamentale del racconto è la presenza di un campo di sostegno: Tim e Burberino nell’affrontare le avventure finali ricevono in supporto la cavalla, il puma e l’aquila.
Quello che emerge è ancora una volta l’integrazione di un paradosso.
I protagonisti si mettono in gioco con coraggio e dignità nell’affrontare queste sfide, e, allo stesso tempo, quasi con la consapevolezza di compiere qualcosa di sacro, si rendono conto di non poterle superare completamente da soli: hanno bisogno di un campo che dia loro le risorse per affrontare prove che altrimenti sarebbero inaffrontabili. Il campo esterno, insieme al vissuto tratto dalle esperienze, permette lo strutturarsi alchemico, in Tim, di uno spazio interno diverso più solido, integro e saggio. Ad arricchire il tutto concorre il richiamo al campo di sostegno più grande, ripreso più volte nel testo, che è quello della grandezza del cuore degli uomini sostenuti dall’Amore Assoluto e dalla Grande Forza.In questo racconto ritrovo il senso delle parole dette da F. Ostaseski: “guardare il nostro dolore è il momento critico in cui diamo il benvenuto a tutto e non respingiamo nulla. Questo invito significa che non possiamo lasciare fuori nessuna parte della nostra esperienza: né la gioia né la meraviglia, né la pena né l’angoscia. Questi sentimenti sono tutti intrecciati nel tessuto della nostra vita. Quando abbracciamo questa verità, entriamo più pienamente nell’esistenza”.
La vita inizia con l’amore,
si mantiene con l’amore
e finisce con l’amore.
Tsoknyi Rinpoche